L’errore comune nell’ISA 2025 costa davvero 2000 euro a chi lo commette? Finalmente arriva il chiarimento ufficiale: come evitare rischi.
Un allarme si è diffuso tra professionisti e titolari di partita IVA: per gli ISA 2025 (Indicatori Sintetici di Affidabilità fiscale) circolerebbe il rischio di una sanzione fino a 2.000 euro se il commercialista non “attiva” manualmente una presunta exclusion per contribuenti con ricavi sotto soglia.

È una tesi che ha messo in agitazione molti studi, specie in vista della stagione dichiarativa. Ma è una tesi infondata. Gli addetti ai lavori che hanno verificato i riferimenti normativi parlano chiaro: l’esclusione in presenza delle cause previste dalla legge opera in modo automatico e non è legata ad alcuna “attivazione” discrezionale. E soprattutto, non esiste una specifica multa da 2.000 euro collegata alla mancata attivazione di una exclusion per ricavi bassi.
Per capire cosa accade davvero, occorre ricordare come funzionano gli ISA. Si tratta di indicatori statistico-econometrici che, incrociando dati dichiarativi e di settore, restituiscono un punteggio di affidabilità fiscale ai contribuenti interessati (imprese e lavoratori autonomi in specifici comparti). La normativa ha sempre previsto esplicite cause di esclusione dall’applicazione degli indici, cioè situazioni in cui gli ISA non si calcolano perché il dato economico risulterebbe alterato o non rappresentativo.
Le principali cause di esclusione automatica sono l’inizio o cessazione dell’attività nel periodo d’imposta, il superamento del limite di ricavi o compensi previsto (attualmente fissato a 5.164.569 euro), il non normale svolgimento dell’attività, e ulteriori ipotesi indicate da specifici decreti ministeriali.
Quando ricorre una di queste condizioni, l’esclusione è automatica per legge. Non è richiesta alcuna attivazione manuale per “ottenere” il diritto a non essere valutati dagli ISA: la causa sussiste o non sussiste, e su questo si basa il perimetro di applicazione. In dichiarazione, l’eventuale indicazione della causa ha valore meramente dichiarativo e non costitutivo del diritto all’esclusione.
ISA 2025: a cosa fare attenzione per non entrare in confusione
Dov’è allora l’origine della confusione? La voce secondo cui servirebbe “attivare” una exclusion per titolari di partita IVA con ricavi sotto soglia, pena una sanzione fino a 2.000 euro, è una lettura fuorviante che mescola due piani diversi. Da un lato, il perimetro applicativo degli ISA e le relative esclusioni; dall’altro, il sistema sanzionatorio generale sulle comunicazioni dei dati rilevanti ai fini ISA.

La sanzione fino a 2.000 euro richiamata da alcuni post e messaggi virali è una cornice generale che riguarda l’omessa o infedele comunicazione dei dati quando gli ISA sono dovuti. Non riguarda, quindi, la mancata “attivazione” di un’esclusione che la legge prevede già come automatica. In altre parole: nessuno rischia 2.000 euro perché non ha “chiesto” l’esclusione per ricavi bassi; se la causa c’è, l’ISA non si applica, punto.
È bene anche sgombrare il campo da un altro equivoco: non esiste una soglia “bassa” di ricavi che di per sé esenta dagli ISA come regola generale diversa dalla disciplina vigente. La soglia normativamente rilevante è quella massima (5.164.569 euro) oltre la quale si viene esclusi perché il modello statistico non è più adeguato.
Le altre esclusioni attengono a situazioni oggettive come l’inizio/cessazione dell’attività o il non normale svolgimento. In presenza di queste condizioni, l’esclusione opera senza necessità di atti ulteriori da parte del contribuente o del professionista. Se invece non ricorrono cause di esclusione, gli ISA si applicano secondo le regole ordinarie e i relativi dati vanno riportati in dichiarazione.





