Dal 15 ottobre scattano nuove regole sulla NASpI: più rigida la soglia contributiva per chi ha lasciato un tempo indeterminato e criteri meno favorevoli per i contratti a termine. Patronati e lavoratori segnalano rischi concreti di esclusione e tagli all’importo.
Roma — Piccole modifiche, effetti grandi. A partire dal 15 ottobre 2025 l’INPS ha introdotto due novità nei requisiti per accedere alla NASpI, l’indennità di disoccupazione destinata a chi perde involontariamente il lavoro. Sulla carta sono ritocchi tecnici pensati per rendere più equo il sistema e allineare il calcolo ai versamenti effettivi; nella pratica, rischiano di lasciare scoperti proprio alcuni dei segmenti più fragili del mercato del lavoro.
La prima modifica riguarda il calcolo delle settimane contributive per chi, nei 12 mesi precedenti alla disoccupazione involontaria, ha interrotto volontariamente un rapporto a tempo indeterminato. Per accedere alla NASpI diventa necessario aver maturato almeno 13 settimane di contribuzione tra la cessazione volontaria e la successiva perdita del lavoro non imputabile al lavoratore. È un inasprimento rispetto alle prassi precedenti e restringe la platea, soprattutto tra chi ha alle spalle contratti discontinui o periodi di lavori brevi e mal retribuiti.
La seconda novità tocca i contratti a tempo determinato: cambiano i criteri e le modalità di calcolo che incidono sull’importo e sulla durata dell’indennità. L’INPS lega più strettamente il riconoscimento delle settimane utili al rispetto del minimale retributivo settimanale. In concreto, se la retribuzione è inferiore alla soglia minima, una settimana di contributi potrebbe “pesare” meno, richiedendo più giorni o più ore lavorate per essere accreditata come tale. Il risultato è una riduzione potenziale sia della durata della NASpI sia dell’importo medio mensile.
Il nuovo requisito delle 13 settimane nella finestra tra dimissioni e disoccupazione involontaria impatta chi, dopo aver lasciato un posto fisso per motivi personali o professionali, è passato a rapporti brevi o precari e poi è stato licenziato. Se in quel lasso di tempo non si raggiunge la soglia, la domanda può essere respinta. Il confine economico è netto: la differenza, secondo le simulazioni, può stare tra percepire circa 800 euro al mese o non avere diritto a nulla.
Il nodo del minimale contributivo spinge fuori anche molti part-time ciclici o a basso salario: senza il raggiungimento della retribuzione minima settimanale, le settimane “valgono” meno e si assottiglia la durata complessiva del sussidio, proprio quando i periodi contributivi sono già spezzettati.
Restano potenzialmente beneficiari delle nuove regole coloro che hanno perso involontariamente il lavoro dopo il 1° gennaio 2025, che hanno interrotto volontariamente un contratto a tempo indeterminato nei 12 mesi precedenti e che riescono a maturare le 13 settimane utili nella finestra prevista.
Non rientrano in queste nuove strette le situazioni di dimissioni per giusta causa, maternità, risoluzioni consensuali nell’ambito delle procedure di conciliazione o il rifiuto di trasferimenti oltre determinati limiti: in questi casi continuano ad applicarsi le regole previgenti, con accesso alla NASpI secondo gli standard finora in vigore.
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