Alla fine di un contratto di lavoro a termine si può beneficiare di un indennizzo extra: cosa bisogna fare per ottenerlo e quali documenti servono.
Un recente orientamento dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL), insieme alle novità inserite nel D.L. n. 131/2024, apre una strada più rapida e potenzialmente più generosa per chi ha subito una reiterazione irregolare di contratti a termine. Il fulcro è l’indennità “onnicomprensiva”, riconosciuta nei casi in cui il rapporto a tempo determinato sia stato rinnovato senza causale o abbia superato il tetto dei 24 mesi complessivi. La forbice parte da un minimo di 2,5 mensilità dell’ultima retribuzione e può arrivare fino a 12, con la possibilità, qualora il lavoratore provi un danno ulteriore, di ottenere somme anche superiori. Un cambio di passo non marginale, che semplifica i ricorsi e incentiva a far valere i propri diritti entro termini molto stretti.
Il perno è duplice. Da un lato, l’INL indica una lettura più rigorosa degli abusi nei rinnovi: l’assenza di causale nei casi in cui è necessaria, oppure la somma dei periodi a termine che supera i 24 mesi, sono elementi che rafforzano la posizione del lavoratore nell’eventuale contenzioso. Dall’altro, il decreto del 2024 consente al giudice di andare oltre i limiti ordinari dell’indennità onnicomprensiva se la prova del danno lo giustifica. Ne scaturisce un meccanismo che, in presenza di contratti irregolari, può generare un risarcimento superiore a quello tipicamente riconosciuto in passato.
Per attivare la tutela, il lavoratore deve contestare l’illegittimità del contratto entro 60 giorni. È un termine breve, che – come viene sottolineato dagli operatori – si applica in questo specifico filone, mentre la cornice generale dell’impugnazione in materia di lavoro prevede in altri casi 180 giorni. Non rispettare i 60 giorni rischia di vanificare la possibilità di chiedere l’indennizzo extra. Da qui il “trucco legale” di cui si parla: muoversi in fretta con un’istruttoria ben confezionata, capitalizzando l’orientamento dell’INL e la nuova cornice normativa.
Lavoratori che hanno avuto rinnovi di contratti a termine privi di causale quando necessaria. Lavoratori che, tra proroghe e rinnovi, hanno superato il limite dei 24 mesi complessivi con lo stesso datore. Lavoratori che possono documentare un pregiudizio economico superiore al mero range dell’indennità, per chiedere un risarcimento maggiore.
È fondamentale conservare copia integrale dei contratti (iniziali, proroghe, rinnovi), con date e clausole. Mantenere buste paga, lettere di assegnazione, turnazioni, ordini di servizio utili a dimostrare la continuità della prestazione. Conservare scambi e-mail o comunicazioni aziendali che evidenzino l’assenza di causale o la sua inadeguatezza. Raccogliere eventuali prove del danno ulteriore: periodi di inattività forzata, perdita di opportunità, costi sostenuti.
La soglia base è di almeno 2,5 mensilità dell’ultima retribuzione. Il tetto ordinario può arrivare fino a 12 mensilità. Oltre il tetto è possibile se il lavoratore dimostra un danno maggiore rispetto a quello “coperto” dall’indennità onnicomprensiva. Esempio pratico: con un’ultima retribuzione lorda di 1.500 euro, l’indennità può andare indicativamente da 3.750 euro (2,5 mensilità) fino a 18.000 euro (12 mensilità), con margini in aumento se il danno ulteriore viene provato in giudizio.
L’indicazione ispettiva agevola la dimostrazione dell’abuso, fungendo da cornice interpretativa di supporto nel contenzioso. Non sostituisce la decisione del giudice, ma contribuisce a chiarire quando la causale è necessaria, come va articolata, e quali criticità emergono oltre i 24 mesi. In pratica, rende più prevedibile l’esito delle contestazioni e disincentiva prassi datoriali di rinnovo “seriale”.
Impugnare per iscritto il contratto a termine ritenuto illegittimo, indicando gli aspetti contestati. Rivolgersi a un legale del lavoro o a un sindacato per inquadrare correttamente la domanda. Ordinare la documentazione: sequenza dei contratti, prove della continuità e dell’assenza/inadeguatezza della causale. Valutare se esistono elementi per chiedere un risarcimento oltre le 12 mensilità, predisponendo le prove del danno.
Le imprese potrebbero sostenere la corretta apposizione della causale, l’esistenza di esigenze temporanee oggettive, o il rispetto del tetto dei 24 mesi. Potranno anche contestare la quantificazione del danno ulteriore. Per prevenire il rischio, molte realtà stanno rivedendo le procedure interne di proroga e rinnovo, rafforzando le motivazioni e monitorando il calendario dei contratti.
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